A distanza di pochi anni dall’entrata in vigore del nuovo codice del condominio occorre capire in che termini la modifica dell’art. 63, comma 3, delle disposizioni di attuazione del codice civile, abbia inciso sui poteri riconosciuti all’amministratore di condominio nei casi di morosità dei condomini.
A distanza di pochi anni dall’entrata in vigore del nuovo codice del condominio occorre capire in che termini la modifica dell’art. 63, comma 3, delle disposizioni di attuazione del codice civile, abbia inciso sui poteri riconosciuti all’amministratore di condominio nei casi di morosità dei condomini. Come noto, la norma, così come riformulata dalla legge n.220/2012, prevede che in caso di mora nel pagamento dei contributi, protratta per un semestre, l’amministratore può sospendere il condomino dalla fruizione dei servizi comunali suscettibili di godimento separato. Da un’attenta analisi della citata disposizione si evince come il potere dell’amministratore di agire nei termini suddetti sia un potere totalmente discrezionale. Ci si chiede, dunque, quali possano essere le conseguenze ditale discrezionalità qualora i cosiddetti “servizi comunali di godimento” riguardino la gestione di servizi di prima utilità, come il servizio idrico.
In tali casi, la discrezionalità dell’amministratore di poterne limitare il godimento al condomino moroso assumerebbe una portata oltremodo eccessiva, con ogni relativa conseguenza a titolo di responsabilità professionale.
Il principale problema che si verrebbe a creare riguarda i soggetti che rimarrebbero privi dei suddetti servizi, che in quanto “di prima utilità” dovrebbero essere in ogni caso garantiti, come espressamente previsto, non solo a livello costituzionale, ma universale. Si pensi soltanto che la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani definisce il diritto all’acqua come “estensione del diritto alla vita”.
Quale dovrebbe essere, dunque, la posizione dei pubblici poteri rispetto allo stato di bisogno del cittadino sospeso dalla fruizione di un bene primario? Ed ancora, chi dovrebbe garantire tali servizi in caso di interruzione?
In conclusione, non sono pochi gli interrogativi che emergono dalla nuova formulazione dell’art. 63, comma 3, disp. att. c.c., rispetto ai quali la nostra associazione APICE, ritiene doveroso un immediato e concreto intervento legislativo.
Avv. Laura Dionisi