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Ad oggi 88.000 antenne operative e un mercato che cresce costantemente. Le antenne di telefonia mobile sui tetti dei palazzi sono in continuo aumento. Da quando il cellulare è diventato strumento indispensabile, le case di telefonia puntano a garantire un segnale sempre perfetto, limitando i cali di ricezione e le cosiddette zone d’ombra. Per ottenere questo risultato, il modo è semplice: più antenne.
Ma come si conciliano le antenne con i nostri condomini? Quali sono i limiti legali e quelli tecnici?

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Più l’edificio è alto, più è appetibile; meno il tetto è spiovente, più è agevole l’installazione e la manutenzione. E così succede che i proprietari dei palazzi ricevano dai gestori telefonici la richiesta di piazzare i propri ricevitori sui tetti, in cambio della corresponsione di una somma di denaro annuale. In sostanza, una sorta di canone d’affitto (cui si aggiunge il rimborso per la corrente elettrica consumata): fino a qualche anno fa le cifre erano considerevoli, anche 25.000 euro ogni 12 mesi; oggi si ragiona sui 10.000.-12.000 euro l’anno. Tale somma viene poi utilizzata per coprire le spese condominiali.
Se l’edificio ha un unico proprietario, i problemi sono solo di tipo amministrativo, in quanto l’installazione deve essere autorizzata dal Comune (oppure dalla Provincia o dalla Regione, in base alla competenza territoriale), dopo l’accertamento da parte dell’Arpa (acronimo di “agenzia regionale protezione ambiente) che l’impianto rispetti i limiti di emissioni elettromagnetiche consentite [1].
L’installazione in un condominio necessita di una votazione in assemblea e le maggiori perplessità di questo utilizzo dei tetti sono:
– il pregiudizio estetico: le antenne imbruttiscono, e non poco, gli edifici;
– danni alla salute derivanti dalla prolungata esposizione alle onde elettromagnetiche.

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