STUDIO LEGALE POGGIO
Avv. Francesco Antonio Poggio
Avv. st. Marzio Massimiani
dott.ssa Emilia Sciullo
IL PARCHEGGIO IRREGOLARE NELLE AREE CONDOMINIALE E IL REATO DI VIOLENZA PRIVATA (ART.610 C.P.)
Il condominio, come noto, è spesso foriero di discordie e dissidi per quella tendenza insita e radicata alla conflittualità che si registra nella nostra società contemporanea. Le liti condominiali sono infatti all’ordine del giorno, e avvengono per lo più per futili motivi: l’abbaio di un cane troppo insistente, rumori che vengono ritenuti intollerabili, la tv a volume eccessivo durante la notte, e la casistica si palesa sempre più varia e copiosa.
In particolare, il libello che state leggendo si soffermerà in modo semplificato ma nella maggior completezza possibile, su un comportamento che non di rado si verifica nella realtà quotidiana della vita condominiale, e che può essere percepito come particolarmente lesivo dal soggetto che lo subisce, rappresentato dalla condotta del condomino che parcheggia l’auto in maniera anomala e difforme rispetto al consentito, ostacolando così, in modo decisivo, l’ingresso e l’uscita dal garage. Si tratta ovviamente di un comportamento inaccettabile, irrispettoso e irriguardoso nei confronti degli altri condòmini, poiché il trasgressore si comporta come se lo spazio condominiale fosse di sua proprietà esclusiva, configurandosi pertanto, in modo illegittimo,un uso improprio di uno spazio comune.
A questo punto la domanda che si ritiene opportuna è la seguente: come agire in presenza di simili comportamenti?
Sul punto si è pronunciata la Suprema Corte, la quale ha ritenuto configurabile il reato di violenza privata di cui all’art. 610 c.p1. In particolare, nel caso sottoposto all’attenzione dei giudici di legittimità, una signora era stata condannata alla pena di trenta giorni di reclusione, nonché al risarcimento dei danni in favore della parte civile, per aver intenzionalmente parcheggiato la propria autovettura all’interno del cortile condominiale in modo tale da impedire l’uscita di 1 L’art. 610 c.p. prevede che: «Chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni. La pena è aumentata se concorrono le condizioni prevedute dall’art.339 c.p.» un altro condòmino, omettendo, nonostante le ripetute sollecitazioni, di rimuovere la sua autovettura, ed inibendo alla persona offesa la libertà di circolazione, determinando in modo coercitivo la limitazione della persona offesa.La Suprema Corte ha poi ritenuto non rilevante la doglianza secondo cui l’atteggiamento dell’imputata sarebbe dipeso dal suo convincimento che il marito e il padre, presenti sul posto, avessero provveduto ad informare del momentaneo smarrimento delle chiavi la persona offesa, poiché l’imputata avrebbe lasciato trascorre circa un’ora “senza scendere o anche solo affacciarsi per spiegare di aver smarrito le chiavi”, atteggiamento indicativo della volontà riottosa tesa ad impedire in modo inequivocabile all’altro condòmino di allontanarsi liberamente con la propria autovettura 2.
Inoltre, come chiarito recentemente dalla Suprema Corte «In tema di violenza privata, il requisito della violenza, ai fini della configurabilità del delitto, si identifica con qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente della libertà di determinazione e di azione l’offeso, il quale sia, pertanto, costretto a fare, tollerare o omettere qualcosa contro la propria volontà». In quest’ultimo caso, i giudici di legittimità hanno riconosciuto la responsabilità in capo al conducente di un motorino che aveva ostacolato l’uscita di una vettura da un parcheggio 3.
È bene quindi cristallizzare il principio secondo cui la condotta consistente nell’ostruire l’entrata o l’uscita del parcheggio condominiale può integrare il reato di violenza privata in quanto manifesto paradigmatico della limitazione della propria libertà. Pertanto, qualora il trasgressore ignori l’invito a rimuovere il veicolo, i danneggiati sono legittimati ad agire per vie legali al fine di porre fine a simili comportamenti molesti e giuridicamente lesivi, e pertanto punibili in quanto figli di una condotta penalmente rilevante, nonché perseguibile.
Avv. Francesco Antonio Poggio Dott.ssa Emilia Sciullo
2 Cass. pen., Sez. V, n. 7592/2011.
3 Cass. pen., Sez. V, n. 16967/2019.
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