In tema di Condominio una delle questioni sempre più rilevanti a livello operativo-gestionale è quella legata alla sospensione del condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato.
Più precisamente l’impedimento, da parte dell’amministratore di Condominio, dell’utilizzo di un servizio comune a quel Condomino che per oltre 6 mesi abbia protratto la propria morosità.
Recita testualmente l’art. 63, co. 3, delle disp. prel. c.c.:
"In caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre, l'amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato."
La norma, ad una prima lettura, appare essere semplice, lineare ma soprattutto scevra di differenti archetipi interpretativi. Purtroppo così non è.
Se è vero che l’amministratore possa scegliere di sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi di cui sopra, altrettanto vero è che l'amministratore non sceglie quasi mai di adottare tali misure se non dopo molti mesi (anche anni) di morosità, aspettando che il debito abbia una certa consistenza e, spesso, dietro espresso sollecitato da parte del consesso assembleare.
Sul punto, per chi ha vissuto più realtà condominiali, comprenderà come pochi rimproveri (sostanziali) potrebbero muoversi all'amministratore suddetto in ordine a tale scelta. Ciò anche perché probabilmente si è persa (per il momento) quella che forse era un’occasione "legislativa"; l’occasione di conferire all'amministratore non già un potere di scelta, bensì, un dovere di attivarsi decorsi sei mesi dal protrarsi della morosità (tanto è vero che alcuni Tribunali hanno iniziato ad interpretare l’esercizio di tale potere come un potere-dovere. In tal senso Ordinanza 05.06.2015 Tribunale di Modena) .
Tuttavia. Superato il primo step (quello della scelta di sospendere o meno il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato), vi sono altre problematiche.
Trattandosi, quello in parola, di un’ipotesi di autotutela che permette di tentare il recupero di contributi condominiali senza invocare un rapporto di corrispettività fra prestazione inadempiuta e prestazione sospesa, la stessa si realizza col sospendere un servizio senza previamente adire il Giudice. Con notevoli vantaggi per il Condominio creditore. L’amministratore, pertanto, potrà procedere alla mera sospensione, il più delle volte con l’ausilio di un tecnico, senza coinvolgere il condomino debitore.
Discorso diverso, però, se l’amministratore, per interrompere il servizio in parola, abbia la necessità di entrare in uno dei luoghi di proprietà esclusiva del debitore (l’abitazione di proprietà ad esempio. Si pensi a tal riguardo alla sospensione del servizio di Riscaldamento). In questi casi gli scenari saranno due: il condomino moroso potrà permettere l’accesso alla proprietà esclusiva al fine di consentire la sospensione del servizio ovvero il condomino non consentirà l’ingresso. In tale ultima ipotesi l’amministratore avrà una nuova duplice scelta: desistere dall'azione oppure rivolgersi all'Autorità Giudiziaria, anche con provvedimento d’urgenza laddove ne ricorrano i presupposti, al fine di ottenere un provvedimento che autorizzi la sospensione del servizio (si veda in tal senso Ord. 427/2014 del Tribunale di Brescia).
Ciò posto va osservato che se non ha sortito grandi problemi la sospensione dal godimento di servizi comuni quali pulizia scale, ascensore e piscina condominiale, discorso diverso si è posto e si pone per quei servizi definiti “essenziali”, quali (nel caso di impianti centralizzati) il riscaldamento ovvero l’erogazione dell’acqua, il cui godimento trova tutela nel diritto alla salute sancito dall'art. 32 della Costituzione.
Come può comportarsi quindi l’amministratore di condominio qualora scelga di sospendere ad esempio l’erogazione dell’acqua?
Ad oggi il testo dell’art. 63 delle disp. prel. c.c. sembrerebbe non porre freno a tale possibilità. Tuttavia vi è alcuna giurisprudenza di merito (si veda Tribunale di Brescia) che ha stabilito che non può darsi luogo alla sospensione del servizio di erogazione dell’acqua per uso privato del condomino, derivandone, in caso contrario,
"inevitabilmente un pregiudizio diretto ed immediato alle condizioni di vita e di salute correlate al godimento ad uso abitativo dell’unità immobiliare e perciò di valori aventi rilievo costituzionale"
(Trib. Ordinario di Brescia 21 Maggio 2014).
Ciò posto, in attesa di chiarimenti interpretativi da parte della Suprema Corte di Cassazione va tenuto presente, da chi sarà chiamato in questa fase a valutare il distacco di cui alla norma in commento (amministratore di condominio) e voglia procedere alla sospensione di beni essenziali al singolo condomino quali l’acqua potabile, come non soltanto l’ONU, con la risoluzione dell'Assemblea generale del 28 luglio 2010 (GA/10967), abbia dichiarato il diritto all'acqua un diritto umano universale e fondamentale, essenziale al pieno godimento della vita e fondamentale per tutti gli altri diritti umani, ma come a seconda della singola fattispecie concreta che sarà chiamato a gestire potrebbero configurarsi delle vere e proprie responsabilità penali a suo carico.