Occupazioni abusive di appartamenti:
ruolo e poteri dell’amministratore condominiale

Occupazioni abusive di appartamenti: ruolo e poteri dell’amministratore condominiale

Definire la figura dell’amministratore condominiale, significa fare riferimento alle norme del Codice civile (artt. 1129 ss. c.c.), il quale ne parla in relazione, però, a specifiche fattispecie e fasi procedurali (Art. 1129: nomina, revoca ed obblighi dell’amministratore; Art. 1130 c.c.: attribuzioni dell’amministratore; rappresentanza; provvedimenti presi dall’amministratore), nonché agli artt. 64 e 71-bis delle Disposizioni attuative del Codice civile, in ordine in relazione a “Revoca dell’amministratore” e “Condizioni per svolgere l’incarico di amministratore condominiale”, e al D.M. n. 140/2014 contenente il “Regolamento recante la determinazione dei criteri e delle modalità per la formazione degli amministratori di condominio nonché dei corsi di formazione per gli amministratori condominiali”. 

Ebbene, nessuna di queste fonti legislative, pur definendo peculiarmente ogni fase sostanziale e procedurale, offre una definizione chiara e definitiva di questa figura, sempre più centrale del paradigma odierno della giuridicità. 

Cogliendo qualche spunto dalla dottrina, invece, traspare una vastità di nozioni teoriche dell’amministratore condominiale, di cui tutte convogliano un elemento comune, espressione della stessa natura del soggetto in questione: il suo essere (e dover saper essere) un arbitro in un contesto comune di convivenza e condivisione della quotidianità. 

Così come un giudice all’interno dell’aula del giudizio, un arbitro all’interno del rettangolo verde, così deve palesarsi l’amministratore all’interno delle mura condominiali. 

In relazione al tema, oggetto di questa breve ma significativa analisi, occorre domandarsi se questa neutralità del ruolo e della funzione debba mantenersi anche in relazione a quei soggetti i quali abusivamente, senza alcun titolo astrattamente idoneo, occupano una abitazione, anche di natura condominiale. 

In questo contesto, se frequente è l’ipotesi in cui qualche condomino faccia proprio un bene di natura condominiale, e in quanto tale assoggettato a regime di comunione (es. sottoscala, cantina, pianerottolo, cortile, terrazzo, ecc…), meno frequente è la circostanza in cui un soggetto estraneo all’ambito condominiale occupi abusivamente un intero appartamento facente parte dello stesso.

A tal proposito risulto d’uopo svolgere una distinzione peculiare: la comunione giuridicamente configurata, si distingue in due tipologie sostanziali. Parliamo di comunione pro indiviso, ossia quella oggetto della disciplina codicistica vera e tangibile (artt. 1110-1116 c.c.), a norma della quale sulla res oggetto della comunione coesistono diritti reali di godimento in capo a soggetti diversi, e della comunione pro diviso, non disciplinata codicisticamente, che ricorre nella situazione in cui ogni comunista gode di una parte ben distinta, fisicamente individuabile, della res. 

La fattispecie condominiale rientra naturalmente in questa seconda ipotesi, difatti, ogni condomino, godendo di un determinato quantitativo di “millesimi”, ossia di singole parti del bene comune, esercita sulle stesse i propri diritti e la propria esclusiva titolarità. 

A questo punto della trattazione, occorre cominciare ad analizzare il punto nodale della questione inizialmente postaci, ossia quali siano i poteri dell’amministratore condominiale nella ipotesi di occupazione abusiva di un appartamento condominiale e, in particolar modo, quali effetti sviluppi il suo ruolo e la sua funzione nella risoluzione del caso.

In prima istanza, appare chiara la funzione dell’amministratore quale garante dei criteri di giustizia ed imparzialità nello svolgimento del suo ufficio, pertanto sicuramente, a primo acchito, appare naturale ritenere che lo stesso agirà legalmente affinché l’abusivismo posto in essere trovi una fine. 

Se, però, parliamo di responsabilità, allora occorre guardare a quelle che investono la figura dell’amministratore nell’espletamento delle sue funzioni, giungendo inevitabilmente alla conclusione che l’unica tipologia di responsabilità in grado di sopperire alla questione, consiste nella responsabilità solidale dei condomini ex art. 2055 in relazione alla custodia dei beni comuni, pertanto l’amministratore, a titolo di mandatario dei comunisti, risponderà legalmente della fattispecie succitata solamente in caso di mancato rispetto di quello che viene considerato il principio cardine del ruolo amministrativo: il principio della diligenza del buon padre di famiglia. 

Non risponderà, invece, per la mancata custodia del bene, prerogativa dei condomini.

Pertanto, egli risulterà responsabile del danno sofferto solo allorquando, avvertito dei fatti, coscientemente non prendesse alcuna misura al fine di porre fine a una tale contraddittorietà della stessa nozione di proprietà quale ius excludendi alios. 

Ebbene, l’unica actio che l’amministratore ha il dovere di porre in essere dinanzi ad una simile condotta consiste nel denunciare alle forze dell’ordine l’avvenuta occupazione, il che, pur configurandosi in una sola azione di fatto, in realtà consta di fasi di sviluppo ben configurate, durante le quali l’amministratore deve rendersi portavoce della volontà condominiale (nonché del singolo proprietario), seguendo attentamente il prosieguo giudiziale della questione, nonché accertandosi dell’effettiva presa di provvedimenti da parte della Pubblica Amministrazione, riservandosi la possibilità di agire giudizialmente anche nella (fin troppo) ricorrente ipotesi di negligenza della stessa.

Numerosi sono i rilievi civili e penali, invece, rilevanti nei confronti dell’occupante (es. art. 633 c.p.), ancor più oppressivi a seguito dell’entrata in vigore del c.d. “Decreto sicurezza”, il quale detta misure maggiormente gravose per coloro i quali si siano resi organizzatori dell’abusiva occupazione, ma, occuparsi di questa materia richiederebbe uno spazio a sé. 

In conclusione, il ruolo dell’amministratore condominiale, nonché la ratio della sua funzione, risultano funzionali allo scopo di ripristinare, in tale contesto, la situazione del punto di vista giuridico tanto dal punto di vista sostanziale, quanto da quello processuale, sulla base non solo dei principi propri della materia condominiale, ma anche sulla base di quei principi morali che guidano l’espletamento del suo ruolo. 

Avv. Francesco Antonio Poggio

In collaborazione con lo studente Universitario Fausto Francesco Bruno Campiglia.

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