Il fenomeno dei rumori in condominio, ferma restando la necessità di pazienza e capacità di dialogo, può essere affrontato in sede civile, penale e amministrativa

Attività rumorose in condominio

Prima di addentrarci nell’esame di questo argomento valutando le possibili azioni legali, in ambito civile, penale e amministrativo, è doverosa una premessa ineludibile.

Per quanto efficaci possano essere gli strumenti messi a disposizione dall’ordinamento giuridico – e rispetto ad alcune fattispecie così non è – il modo migliore per cercare di risolvere le problematiche connesse ai fastidi dovuti a rumori in condominio è quella di dialogare con chi disturba.

Operazione, questa, probabilmente più facile a dirsi che a mettersi in pratica. È difficile, però, che i rumori di tacchi, sedie e mobili strisciati e altri simili fastidi possano essere risolti con una causa.

Insomma, un conto è ottenere l’irrogazione di una sanzione contro un ristorante troppo rumoroso, contro un vicino che ascolta musica ad alto volume, altra storia è far punire chi uscendo di casa la mattina presto o rientrando a tarda serata non presti molta attenzione nel chiudere le porte o nel camminare in casa.

Detto ciò, passiamo al merito della problematica.

Il vicino con la passione per la musica, il dirimpettaio che deve ristrutturare il proprio appartamento, oppure ancora il condomino che smartella in continuazione.

Almeno una volta nella vita, chi abita in condominio si è lamentato di una cosa simile o meglio delle conseguenze di queste attività, ossia dei rumori.

A quali norme fare riferimento?

Quando i rumori sono leciti?

Che fare, nel caso di rumori intollerabili, per far cessare l'eventuale abuso?

Di fronte ad una situazione di disagio solitamente ci si pone queste domande.

Rumori in condominio e tutela amministrativa

In primo luogo bisogna fare riferimento al regolamento comunale di polizia urbana o comunque ai regolamenti locali vigenti.

Senza alcuna pretesa di esaustività, e solo a puro titolo esemplificativo, si riporta l'art. 83 del regolamento di polizia urbana del Comune di Milano che recita:

È vietato nella casa fare rumori incomodi al vicinato ed uso eccessivo di strumenti musicali e simili, specialmente dalle 22 alle ore 8.

Ancora più nello specifico, per portare un altro esempio, il regolamento di polizia urbana del Comune di Lecce, che disciplina gli orari di lavoro di professioni, mestieri o arti rumorose, recita:

Rumori intollerabiliQualsiasi esercizio di professioni, arti o mestieri rumorosi o incomodi dovrà svolgersi nel seguente periodo di tempo:

- dal 15 maggio al 15 settembre dalle ore 6,30 alle ore 19,30 con interruzione dalle ore 14 alle ore 17;

- dal 16 settembre al 14 maggio dalle ore 7 alle ore 19 con interruzione dalle ore 13,30 alle ore 14,30.

L'esercizio delle attività e dei mestieri rumorosi nei cantieri edili dovrà osservare il seguente orario di lavoro:

- dal 15 maggio al 15 settembre dalle ore 6,30 alle ore 14,30;

- dal 16 settembre al 14 maggio dalle ore 7 alle ore 16 con interruzione dalle ore 13 alle ore 14.

Già da queste due norme si può dedurre, ad esempio, che il pianista residente a Milano dovrà evitare di esercitarsi nella propria abitazione dalle 22 della sera alle 8 del mattino successivo e negli altri orari dovrà, comunque, fare in modo che la sua attività non rechi disturbo al vicinato.

La ditta che deve effettuare lavori edili a Lecce, per restare alle norme citate, sarà tenuta a rispettare quelle fasce orarie su indicate.

Ciò per quanto riguarda la tutela amministrativa: chi ritiene di volere fare intervenire la polizia locale per fare verificare la liceità dei comportamenti dei propri vicini (o delle loro maestranze nel caso di lavori) è bene che prima di agire verifichi che cosa prevedono i regolamenti locali.

Rumori in condominio e tutela in sede civile

In questo contesto, poi, è possibile che un regolamento condominiale, di natura contrattuale, contenga, per il condominio cui è riferito, delle disposizioni ulteriori rispetto a quelle dettate da atti amministrativi.

Questo tipo di norme potranno essere più severe rispetto al contenuto del regolamento comunale, ma mai derogarvi in quanto quest'ultimo, come si dice nel linguaggio tecnico, è una fonte normativa sovraordinata. Dal punto di vista amministrativo, s’è detto, compete alla polizia municipale sanzionare i comportamenti illeciti.

Nei rapporti tra privati, invece, la cosa più difficile è indubbiamente quella di provare l'intollerabilità del rumore.

Infatti, a meno che non si verta in ipotesi in cui esistono (per legge, per regolamento locale o condominiale) delle soglie di rumore (oggettivamente rilevabili) al di là delle quali scatta automaticamente l'intollerabilità, non vi sono dati sicuri cui ancorare l'accertamento della violazione.

Rispetto a tali soglie si rimanda a quanto stabilito dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (d.p.c.m.) del 14 novembre 1997 e dal d.p.c.m. del 5 dicembre 1997.

E se il regolamento condominiale non prescrivesse nulla in merito?

Rumori e condanneChi ritenesse davvero insopportabile, e si reputasse in grado di dimostralo, l'attività rumorosa del proprio vicino può fare riferimento all'art. 844 c.c. che recita:

Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi.

Nell'applicare questa norma l'autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso.

In sostanza la persona che si ritiene danneggiata può agire per ottenere l'inibitoria di quei comportamenti illegittimi, oltre che chiedere il risarcimento del danno subito.

È utile rammentare che mentre un’attività che supera le soglie di rumore previste da leggi o regolamenti è sicuramente sanzionabile, quelle che tali soglie non superano – pur essendo regolari da questo punto di vista – potrebbe essere sanzionate in sede civile, ossia potrebbe essere inibito a chi produce tali rumori di continuare a farlo in quel modo.

Ciò vuol dire che l’esito della verifica dell’intollerabilità potrebbe anche non portare alla definitiva cessazione dell’attività stessa, ma alla sua prosecuzione a condizione che siano adottati determinati accorgimenti.

Com’è stato specificato dalla Corte di Cassazione (cfr. sent. 11 febbraio 2011 n. 3440) non esiste un diritto al silenzio assoluto, quanto piuttosto un diritto a non essere disturbato dalla rumorosità dell’altrui attività.

Il concetto di attività rumorosa va inteso in senso ampio, sicché deve considerarsi tale anche il rumore prodotto da macchinari (condizionatori, frigoriferi, ecc.) che non sono direttamente azionati dall’essere umano, ma che sono connessi alla sua vita (o attività eventualmente svolta).

Rumori in condominio e tutela in sede penale

Alle volte le vicende riguardanti i rumori assumono contorni e producono conflittualità così gravi da trascinare la contesa nell'ambito d'un processo penale.

Norma di riferimento è rappresentata dall’art. 659 del codice penale dettato in materia di disturbo del riposo e delle occupazioni delle persone.

In questa sede si scopre un'amara verità: non conta aver dato realmente fastidio perché per beccarsi una condanna penale è sufficiente che ciò che s'è fatto sia astrattamente idoneo a cagionarlo.

Il motivo è semplice: il reato di disturbo del riposo e dell'occupazione delle persone è da ricondursi nell'ambito di quelle così dette fattispecie a pericolo presunto.

In relazione a questi reati, a dircelo è la stessa giurisprudenza, secondo la quale ai fini della sua configurazione dell'art. 659 c.p., non é necessaria la prova dell'effettivo disturbo di più persone, ma è sufficiente l'idoneità del fatto a disturbare un numero indeterminato di persone (Trib. Bari 24 settembre 2007).

Valutazione evidentemente astratta che non tiene, però, conto di un elemento fondamentale: il diritto penale, in una visione costituzionale dello stesso, dovrebbe punire fatti che recano danni e non quelli solamente in astratto capaci di recarlo.

Ciò perché come ha avuto modo di affermare la Corte di Cassazione nel caso del reato previsto dall’art. 659 c.p., l'interesse tutelato dal legislatore è la pubblica quiete, sicché i rumori devono avere una tale diffusività che l'evento di disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone, pur se poi concretamente solo taluna se ne possa lamentare (Cass. 8 luglio 2013, n. 28874).

Un condominio, specificano ancora da piazza Cavour, rappresenta un contesto nel quale possono trovarsi un numero di persone tale da rendere operativa la sanzione penale. Insomma, se i rumori si sentivano dal quarto piano ed a finestre chiuse come poter concludere che non fossero percepibili anche ai piani più bassi e quindi che non recassero disturbo all'intera collettività condominiale?

Fonte www.lavorincasa.it

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